lunedì 19 dicembre 2011

Lunga vita al Teatro

Ciao a tutti,
invece del solito post natalizio, vi voglio parlare di questa passione che mi è esplosa negli ultimi anni: il Teatro.
Detto per inciso (quindi con i denti davanti), ho sempre avuto una certa predilezione per tutto quello che aveva a che fare con il palcoscenico. Forse per il mio innato egocentrismo, forse perchè l'ho sempre trovato un luogo affascinante o forse perchè non so...!! (idee poche, ma confuse).
Tanti anni fa non esistevano tante scuole di teatro e le poche esistenti, si trovavano nelle grandi città tipo Roma e Milano o Paullo (stò scherzando...a Milano non c' era!).Quindi difficilmente raggiungibili.
Ora, invece, il settore è in forte crisi a causa dell' arrivo delle multisale, dei reality e di tutte quelle grandi cagate che io detesto.
Finalmente trovo una scuola che tiene i corsi di teatro vicino a casa e, lo scorso anno, ho deciso di iniziare.
Non avrei mai pensato che alcune cose, che io ritenevo semplici, risultassero così complicate: ad esempio, il primo anno, si lavora tantissimo sulle emozioni e sull' energia che si riesce a trasmettere.
Quindi, quando devo essere arrabbiato, triste, felice, innamorato o altro, bisogna cercare di far arrivare quell' emozione anche al pubblico che sta guardando. Non è per niente facile! Per fare un esempio: io ho dovuto comportarmi da uomo innamorato con di fronte un uomo con barba incolta ed anche fisicato. Anche appellandomi a tutti i miei lati gay latenti, non c'è stato niente da fare...bisogna cercare di isolare la mente ( ed a me dovrebbe riuscire più facile visto che non ce l'ho!) e distogliere lo sguardo da quello che si ha effettivamente di fronte.
Ed è proprio qui che esce la bravura di un attore, soprattutto a livello di teatro. Perchè il pubblico è lì presente, non sei un' immagine su uno schermo modificata al computer, doppiata da una bella voce e ripresa da angolature diverse.
Tu sei fisicamente lì, sul pezzo...con la tua fisicità, la tua voce e, soprattutto, le emozioni che in quel momento devi tramandare.
Bèh! E' meraviglioso: quando entri in questo mondo ti si apre un universo!
Per non parlare poi del tutto il lavoro che c'è dietro le quinte (che non sono delle ragazze con le tette grosse): scenografie, musiche, testi e regia. Un lavoro gigantesco.
E' un vero peccato che tutto questo stia perdendo interesse a causa dei modelli che la televisione ci propina ogni giorno. Parassiti che diventano attori solo per aver partecipato al Grande Fratello o L' Isola dei Famosi, senza formazione e senza capire il vero senso del mestiere dell' attore. E' tutto molto triste.
Però non bisogna deprimersi, si deve perseverare. Artisti come Dario Fo, Albertazzi, Paolini e Bergonzoni ci dimostrano ogni giorno che il teatro è vivo e vivrà per sempre! Finchè ci sarà lo voglia di recitare e di "mettersi in gioco", sono sicuro che il teatro avrà lunga vita!
...Altrimenti andiamo tutti a fare film porno, è un settore che non conosce crisi!
Buone Feste e ci sentiamo bio-presto

lunedì 12 dicembre 2011

Sacrifici per tutti, tranne...i soliti noti!

Ciao a tutti,
anche se non aggiorno più il blog settimanalmente, cerco di postare articoli che possono essere di interesse comune (e non di interesse provincia visto che le aboliranno...forse!).
Che dire? L' orrido sgoverno Berlusconi ci ha lasciato una "bella" eredità, però qualcosa ha mantenuto: infatti il nano-puttaniere ci aveva promesso "mari e monti" ed in cambio ora abbiamo Mario Monti...mi sa che non si sono capiti bene sulla vocale "o".
Non so se questo sobrio governo tecnico risolleverà le sorti del nostro paese, ma l'unica cosa certa è che al momento, questo disastro, lo stiamo pagando NOI cittadini onesti. Invece i nostri poco onorevoli politici, come al solito, riescono a scamparla.
Di seguito un bel articolo di Gian Antonio Stella pubblicato sul "Corriere della sera":

Vantaggi dei dipendenti di Camera, Senato e Quirinale rimasti quasi immutati

Non ci provino, a distinguere ancora figli e figliastri. Non ci provino, a toccare le pensioni degli italiani senza toccare prima (prima!) quelle dei dipendenti dei palazzi della politica o della Regione Sicilia. Un cittadino non può accettare di andare in pensione un paio di decenni dopo chi ancora può lasciare con 20 anni d'anzianità. Non solo non sarebbe equo ma, di questi tempi, sarebbe un insulto.
Che esistono qua e là staterelli dai privilegi inaccettabili non lo dicono i soliti bastian contrari. Lo dice, per la Sicilia, lo stesso procuratore generale della Corte dei Conti isolana, Giovanni Coppola, nell'ultima relazione: «L'opinione pubblica non comprende perché in Sicilia i dipendenti regionali possano andare in pensione con soli 25 anni di contribuzioni, o addirittura con 20 anni se donne, solo per il fatto di avere un parente gravemente disabile, mentre lo stesso non avviene nel resto d'Italia».
Errore: anche meno. Come nel caso dell'ispettore capo dei forestali Totò Barbitta di Galati Mamertino, che riscattando dei contributi precedenti, il 1 gennaio 2009 (ma da allora la legge non è cambiata) se n'è andato quarantacinquenne, dopo 16 anni, 10 mesi e 30 giorni. La previdenza, visto «il lavoro usurante», regala ai forestali siciliani un anno ogni cinque di servizio. Diceva di dover accudire un parente affetto da grave handicap: avuto il vitalizio, è partito per la Germania. Stracciato comunque, per età, dal record di Giovannella Scifo, una dipendente dell'ufficio collocamento di Modica (Ragusa) in quiescenza a 40 anni. «Non le pare esagerato?», le ha chiesto Antonio Rossitto di « Panorama». E lei, serafica: «Non le posso rispondere. C'è la privacy».
Fatto sta che, spiega la Corte dei conti, su 751 «regionali» andati nel 2010 in pensione 297 hanno lasciato in anticipo «rispetto all'ordinaria anzianità anagrafica e/o contributiva e, tra questi, ben 286 con le agevolazioni della legge 104/1992 che tanto ha fatto discutere per l'incomprensibile disallineamento rispetto alla normativa nazionale».
Fatto sta che, spiegava giorni fa sul Giornale di Sicilia Giacinto Pipitone, se è vero che nel 2004 la riforma Dini passò, con nove anni di ritardo, anche per i dipendenti pubblici siciliani, l'adeguamento non è mai stato varato per chi ha avuto la «fortuna» di essere assunto dalla Regione. Basti dire che «chi a livello statale ha ancora oggi quote di pensione da incassare col retributivo, fa il calcolo sulla media delle buste paga degli ultimi anni di servizio. I regionali calcolano invece la loro quota di retributivo sulla base dell'ultima busta paga incassata al momento di lasciare gli uffici: sfruttano quindi fino all'ultimo gli aumenti e i vari scatti di carriera». Conclusione? Risposta dei giudici contabili: «Nel 2010 i contributi versati sono diminuiti del 17% riuscendo a coprire appena il 32,2% della spesa».
Non basta: «lo stesso sistema più vantaggioso si applica anche sul calcolo della buonuscita. Per la maggior parte dei regionali viene calcolata moltiplicando il valore dell'ultimo stipendio». Risultato? Scrive Antonio Fraschilla: i direttori generali «vanno in pensione incassando un assegno medio di 420.133 euro, come certificato dalla Corte dei Conti, anche se hanno ricoperto l'incarico solo negli ultimi mesi della loro carriera».
Lo ricordino, Mario Monti ed Elsa Fornero: se non obbligano la Sicilia a eliminare immediatamente questi bubboni ogni loro sforzo per spiegare che la crisi planetaria è così grave da obbligare a pesantissimi sacrifici sarà inutile. Peggio: grottesco. Vale per i privilegi dei dipendenti regionali siculi, vale per quelli degli organi istituzionali.
Certo, al Senato non godono più dello stupefacente dono che fino a qualche anno fa veniva fatto da ogni presidente che, andandosene, regalava loro, a spese dei cittadini, due anni di anzianità. Ma ci sono ancora, a Palazzo Madama, persone che, assunte prima del 1998, possono andare in pensione prima di tutti gli altri italiani, a cinquant'anni o poco più, godendo anche di quella regalia. È giusto? È un diritto acquisito e quindi intoccabile anche quello?
È accettabile che, 16 anni dopo la riforma Dini, nonostante i ritocchi, non ci sia ancora un dipendente del Senato (quelli arrivati dopo il 2007 possono andarsene con qualche penalità ancora a 57 anni) che accantoni la pensione col sistema contributivo? Così risulta: dato che dal 2007 non è entrato alcuno, i primi soggetti al «contributivo» (peraltro maggiorato con un «aiutino» intorno al 18%) dovrebbero essere sette funzionari in arrivo nel 2012. Come possono capire, gli italiani, che quei fortunati godano di 15 mensilità calcolate sul 90% dell'ultima retribuzione e trasmesse intatte al 90% alla vedova se ha figli minori di 21 anni? Ma non basta ancora: nonostante le polemiche seguite alle denunce del passato come quella dell'«Espresso» che quattro anni fa rivelò che al Senato uno stenografo arrivava a 254 mila euro l'anno e un barbiere a 133 mila, le retribuzioni sono cresciute ancora dal 2006, in questi anni neri, del 19,1%. Arrivando a un lordo medio pro capite di 137.525 euro. Centodiecimila più di un dipendente medio italiano, il quadruplo di un addetto della Camera inglese (38.952) e addirittura 19 mila più della busta paga dei 21 collaboratori principali di Obama, che dalla consigliera diplomatica Valerie Jarrett al capo dello staff William Daley, prendono al massimo (trasparenza totale: gli stipendi dei dipendenti, nome per nome, sono sul sito della Casa Bianca) 118.500 euro. Lordi.
Sia chiaro: Palazzo Madama può contare su collaboratori, dai vertici fino agli operai, di eccellenza. Sui quali sarebbe ingiusto maramaldeggiare demagogicamente. Loro stessi, però, discutendo del loro futuro con l'apposita commissione presieduta da Rosi Mauro (sindacati di là, una sindacalista di qua) non possono non rendersene conto: di questi tempi, la loro trincea con tre liquidazioni (una interna, una dell'Inpdap, una del «Conto assicurativo individuale») e le due pensioni (una del Senato e ora ancora dell'Inpdap) è indifendibile. Tanto più che anche nel loro caso, il peso delle pensioni sui bilanci è cresciuto in modo spropositato.
Vale per Palazzo Madama, vale per il Quirinale dove troppo tardi la presidenza ha introdotto «misure dissuasive» con la previsione di «significative riduzioni» dei trattamenti pensionistici come un limite per l'anzianità «a regime» (campa cavallo...) di 60 anni con 35 di contributi (da leccarsi i baffi...), vale per Montecitorio, dove lo stipendio lordo è poco più basso che al Senato: 131.586 euro. Con tutto ciò che ne consegue sulle pensioni. Non sarà facile rompere certe incrostazioni. Verissimo. Ma è troppo facile far la faccia dura solo con i piccoli...

Ci sentiamo bio-presto